domenica 22 febbraio 2015

Schizzi di stemmi di alcune famiglie della Media Valle del Serchio e di Lucca


Schizzi di stemmi di alcune famiglie della Media Valle del Serchio e di Lucca
per mano del prof. Francesco Pellegrini (inizio XX sec.)
Famiglia Barsotti (Tereglio)
Famiglia Buonfanti (Lucca)
Famiglia Cristofanini (Borgo a Mozzano)



Famiglia Diversi (Lucca)
Famiglia Mascardi (da Roma)
Galgani (Lucca)
Famiglia Giannelli
Famiglia Lena - 1 (Bagni di Lucca ?)

Famiglia Lena - 2 (Bagni di Lucca ?)

Famiglia Lena - 3  (Bagni di Lucca ?)
Famiglia Lunardi (Lucca)
Famiglia Pellegrini - 1 (Borgo a Mozzano)

Famiglia Pellegrini - 2 (Borgo a Mozzano)
Famiglia Pellegrini - aggiunto con le strisce rosse e bianche lo stemma della famiglia Diversi (Borgo a Mozzano)
Famiglia Pierotti (Borgo a Mozzano) - Famiglia Bendinelli (Lucca)
Famiglia Ricci (Borgo a Mozzano)


























































domenica 15 febbraio 2015

Pro memoria contratti casa Marchi di Pieve di Controne - (sec. XVII-XIX)





Pro memoria contratti casa Marchi di Pieve di Controne

(sec. XVII-XIX)


La famiglia Marchi di Pieve di Controne possedeva molti immobili nel luogo di residenza e nelle terre limitrofe. I suoi componenti erano dediti a operazioni finanziarie per comperare e/o vendere.
Nell’archivio di conservano innumerevoli contratti di compravendita, promemoria e “libbri” dove sono elencate le operazioni finanziarie.
Di seguito sono riportati tre foglietti di pro-memoria.
Anno 1637

f. 27. [?] A di 12 Agosto 1637

S. [?] Silorio Rustici rogò il contratto di vendita d’un pezzo di terra selvata L.o do. [luogo detto] alla fontana, che fa Batt.a d’Angelo Marchi di Controni a Santina di Iacopo di do. L.o per scudi trenta con ricompra in perpetuo, e obb.one [obbligazione] a vend.e  staia 3 ¾ farina di castagne l’anno.


Anno 1789
A di 17 Luglio 1789
[?] Filippo M.a Licchetti, fù rogato lo strumento di cambio per anni tre di scudi cento ventotto, che fa il Rev:do Giacomo M.a Marchi della Pieve di Controne, al Rev:do Gio: Bernardo del fù Gio: Bernardi de monti di Villa, e Sargente Pietro Bernardi di detto Luogo, con la disdetta reciproca di due mesi, come meglio [?]

Anno 1813

A di ventisette del Mese di Agosto 1813
Il notaio Anselmo Martini si rogò dello strumento di vendita di Beni selvati fatta per scudi quarantaquattro dal Signor Govilico[?] Teldeschi[?] di Casabasciana al Signore Capitano Angelo Marchi della Pieve di Controne, e come meglio [?].




sabato 14 febbraio 2015

La grande Guerra. Dal diario del Ten. Marchi: “Oggi i nostri hanno passato il Piave. Viva l’Italia.”


La Grande Guerra. Dal diario del Ten. Marchi:
 “Oggi i nostri hanno passato il Piave. Viva l’Italia.”

Il Ten. Mario Marchi è un ingegnere industriale-meccanico laureatosi al Politecnico di Torino e durante la prima guerra mondiale, a cui partecipa con lo spirito risorgimentale proprio della famiglia, viene impiegato secondo le competenze tecniche possedute.
Fino a Caporetto il Ten. Marchi fa parte della 776 Batteria, con  il compito di osservatore le linee nemiche e di compiere rilevamenti tecnici per il tiro dei cannoni, essendo in alta montagna necessaria la massima precisione.
La rotta di Caporetto travolge anche la 776 Batteria e il Ten. Marchi con grande dolore, ma con orgoglio, racconta nella corrispondenza con la famiglia:
“E’ stato prima un calvario per monti pieni di neve a trascinare i pezzi. Ho tirato per due giorni le funi come un pazzo. Ho avuto l’onore di essere l’ultimo col mio Maggiore a scendere da un passo molto noto. Dietro a noi erano le prime pattuglie austriache. Così ci siamo ritirati portando con noi quanto i nostri capi ci avevano affidato. Giunto qui in pianura fu la prima ad essere in efficienza. E quando l’ultimo ponte [sul Piave] saltò noi eravamo da giorni pronti ad entrare in azione. [vedere blog “Ricordi della Grande Guerra di una famiglia lucchese”.]
Dopo Caporetto, fino alla prima decade di aprile del 1918, al Ten. Marchi viene affidato la costruzione di strade di montagna per movimentare i pezzi d’artiglieria e la formazione di piazzole per posizionare i cannoni che devono battere le linee nemiche. Successivamente riceve l’incarico di revisionare le bocche da fuoco dell’artiglieria. Questa mansione in effetti lo rattrista: “Non vorrei avere questa benedetta laurea che mi toglie ora e in un momento decisivo l’onore grandissimo del combattimento” [lett. alla madre del 15-4-1918].
Il nuovo incarico gli permette tuttavia di avere una visione d’insieme di ciò che sta maturando nelle retrovie e sulla linea del fronte. Tra il 24 e il 27 ottobre si svolse la III battaglia del Piave: al termine di due giorni di aspri combattimenti, resi difficili dalle continue piogge, che avevano contribuito ad ingrossare le acque del fiume, i soldati italiani, dopo un primo momento di difficoltà, furono in grado di attraversare il Piave e di avere la meglio sulla vigorosa resistenza nemica.
Dal diario del Ten. Marchi si legge:
15 ottobre – Domenica partii con un cielo burrascoso per Asolo; ma quando fui giunto là si aprirono già dei vasti lembi di sereno e si vedeva qualche sprazzo di sole. ……… Trovai alla batteria il capitano Pierani che avevo conosciuto al corso di  Fornovo e che mi colmò di gentilezza. Discesi alle 11 a Passagno e via verso Cittadella sotto un meraviglioso cielo  bianco e blu in mezzo a una campagna verdissima ……. A Riese uniformi azzurre di francesi. Da per tutto camion inglesi e americani. I soldati acclamano e gridano al Piave al Piave.
Lunedì sono salito al Monte Gusella sotto una pioggia maledetta ed ho dovuto da fare lassù fino a mezzogiorno nel mezzo alla bufera. Il nemico sparava su Bassano. Il colpi passavano rombando sulla nostra testa e si vedevano dopo grandi colonne di fumo intorno alla stazione…

“20 Ottobre 1918
Gand sta per cadere! Ecco la notizia di stasera che mette la febbre. La manovra d’ala degli alleati quali conseguenze potrà avere per il nemico?
È un incalzarsi di notizie, di previsioni che sconvolge.
Non so più che pensare. La Germania abbassa la testa; discuterà anche la ultima nota di Wilson!
Anche vili! Erano tracotanti quando aggredivano i deboli ora che soccombono hanno paura di perdere.
Ecco il grande animo di questi tedeschi!
Non avemmo paura noi l’anno scorso sul Grappa e sul Piave. Mi ribalena nella memoria quando Marghieri dalla linea dei pezzi telefonò a me all’osservatorio che le altre batterie mettevano gli attacchi meccanici e si preparavano alla partenza. Sta bene risposi, abbiamo l’onore di rimanere di copertura e di sacrificio.
Ora arrivano le ore che precedono la vittoria. Passano le truppe a torrenti. Arrivano i Francesi. Da qui al Piave è un solo accampamento.”



Marghieri che oggi è venuto qui di corsa sembra pazzo. Ci abbracciamo senza sapere perché. Mamma, se qualche cosa dovesse accadermi, Marghieri può essere un utile appoggio per procurare un posto a Delia e Cesare!
Ma via i brutti pensieri. Oggi è il giorno che precede la vittoria. Passano i reggimenti di cavalleria.
Stasera quando sono andato per vedere se era stato ordinato il mio camion per domani ho saputo che da domani in poi ogni trasporto è sospeso eccetto quello delle munizioni.
È fissato per domani solo il camion che trasporterà a Crespano un affusto per le esequie  del Conte di Salemi morto oggi. Non si sa ancora se di malattia [febbre spagnola] o di ferite.

Domani il pericolo della mia gita mi sembra quasi il pericolo del combattente e ne sono gioioso.
Stasera abbiamo parlato a lungo alla mensa. Si è molto discusso la dichiarazione di Rika [?] “Abbiamo perduto la guerra!”. Chi sa il morale delle truppe nemiche in questi giorni!
E, lo dico ancora una volta, è il morale che vince.



Così vincereo! Il Colonnello Zardo che è informatissimo e iperattivissimo si è lasciato scappare non arriveremo in una sola tappa a Belluno.

Non so che scrivo tanto sono eccitato.Internamente da qualche giorno sono così sereno perché le condizioni della famiglia si sono accomodate colla vendita terreni che troppa felicità mi fa paura.

Mamma, Delia, Cesare, beato chi muore nella vittoria!

“27 ottobre
Non ho tempo di scrivere perché domattina alle 6 partirò per Fietta. Dal 21 al 23 sono stato in linea ed ho visto la preparazione della grande battaglia.
Dal 24 ad oggi il Grappa è in fiamme e la battaglia è furibonda. Oggi i nostri hanno passato il Piave. Viva l’Italia.”








venerdì 13 febbraio 2015

Carta intestata della “Fabbrica di Filati Cucirini” di Viviani & C.i - Bagni di Lucca – 1900


Carta intestata della “Fabbrica di Filati Cucirini” di Viviani & C.i
-  Bagni di Lucca – 1900
Lettera della Viviani & C.i indirizzata all’avv. Pietro Pellegrini di Borgo a Mozzano in data 13 Agosto 1900.

Testo:
Il nostro Rappresentante di Sardegna ci scrive che a Scano Marco farebbe pignorare le merci che ha in magazzino oppure il carro coi cavalli non appena si presentano in Tempio.
Ella , egregio Avvocato, faccia ciò che crede per per la miglior riuscita.
Gradisca i cordiali e distinti ns saluti.
Viviani e C.
(segue un appunto dell’ avvocato Pellegrini in una calligrafia illeggibile.)

domenica 8 febbraio 2015

Due lettere di Tommaso Ward all’ ”Amico del popolo” da Firenze nell’anno 1847


due lettere di Tommaso Ward all’ ”Amico del popolo”

 da Firenze nell’anno 1847

Tommaso Ward nacque in Inghilterra il 9 ottobre1810 e da bambino fu a servizio di un allevatore di cavalli da corsa, quindi divenne fantino. Dal 1831 al 1833 prestò servizio presso le scuderie di palazzo Kinsky, residenza a Vienna del duca Carlo Lodovico, il quale lo portò al suo seguito a Lucca. Protetto dal duca, l’Ward fece una carriera fulminea: cameriere personale del duca, appaltatore delle Scuderie Reali, quindi direttore della Real Casa e delle Real Scuderie, nel 1846 fu nominato Direttore delle Finanze e Consigliere di Stato, dopo che nel 1847 gli era stata conferita la nobiltà ereditaria lucchese col titolo di barone.
Avvenuto il passaggio anticipato di Lucca al Granducato di Toscana il 4 ottobre 1847, a cui partecipò attivamente, l’Ward continuò ad avere una grande influenza su Carlo II di Parma, titolo assunto da Carlo Ludovico ritornato sul trono dei suoi avi, e sul successore Carlo III. In questo periodo fu al centro di iniziative diplomatiche tutte in favore alla restaurazione borbonica sui possedimenti parmensi. Solo alla morte violenta di Carlo III, avvenuta nel 1854, la Reggente, Maria Luisa di Berry, lo allontanò da ogni incarico e l’Word seppe ritirarsi in buon ordine.
I giudizi sull’ex fantino inglese sono in generale  molto negativi, ma è innegabile che pur essendo un avventuriero aveva doti di tenacia e intelligenza. Il conte Cesare Sardi, nell’opera “Lucca e il suo Ducato dal 1814 al 1859”, dopo aver definito l’Ward un sensale scrive: “Quell’uomo audace e senza scrupoli, come sugli altri della sua razza emergeva per la qualità d’ingegno, non mancava nei singoli casi, di generose risoluzioni.”
Tommaso Ward

Le due lettere pubblicate sono scritte da Tommaso Ward al padre agostiniano Luigi Francesco Giambastiani, chiamato l’Amico del Popolo, [vedere i post “due fratelli sui campi di battaglia di curtatone e montana rato (1848)” e “piazza napoleone alucca -1843- un aborrito drudo”] da Firenze il 13 ottobre e il 7 novembre del 1847.

In questo anno le forze liberali moderate lucchesi fecero pressanti richieste di riforme per cui Carlo Lodovico, turbato dal protrarsi di tumulti e agitazioni, si rifugiò nella villa di San Martino in Vignale. Il 1º sett. 1847, spaventato alla vista della folla che accompagnava una deputazione, con a capo il Mazzarosa, che aveva l'incarico di sottoporgli uno schema di riforme, firmò un motuproprio con una serie di concessioni. La sera stessa partì per Massa; ma dopo tre giorni, dietro pressioni di numerosi cittadini, decise di tornare a Lucca, dove fu accolto trionfalmente. Incapace di far fronte alla situazione, spaventato all'idea di dover cedere ad altre pressioni, il 9 settembre ripartì per Massa, per trasferirsi pochi giorni dopo a Modena, ove emanò un decreto che convertiva il Consiglio, di Stato in Consiglio di reggenza. Il 4 ottobre firmò l'atto di cessione di Lucca alla Toscana.

Le lettere dell’Ward sono pertanto inviate dopo che il Ducato di Lucca era stato annesso al Granducato di Toscana e il barone non ricopriva le cariche conferitegli da Carlo Ludovico.
Entrambe le lettere, scritte in un italiano incertissimo e di difficile interpretazione, esprimono l’amarezza di non poter rientrare in Lucca, pena la propria incolumità, e l’astio verso i nobili della città, che mai lo avevano veramente accettato, seppure insignito del titolo di barone.

 Lettera del 13 ottobre 1847




 Trascrizione incertissima
 
Scusate i spropositi
Caro Amico
Sono molto tempo credo circa anni 15 che io ho avuta il bene di conoscervi, spese volte ho udita da Lei sentimenti del animo giusto, anzi i maggiore parte dei nostri discorsi sono stati basati su questa materia, e non vorrebbe mettervi fra certi pretesi amici che ebbero il coraggio di dirmi in faccia mentre precisamente che si parlava della Giustizia “avete ragione caro Tomaso siete giustificabile in tutti i punti, ma giustificando voi si farebbe in reazione contro quello che si e dovuto mettere in opera contro di Voi per sostenire la causa liberale” in questo io ho potuto leggere la mia sentenza Tomaso che è forestiero deve servire per cop[r]ire ogni e qualunque difetto non importa qualsiasi gli conseguenze, ne per Lui, ne per suo Nome, ne per Suo onore, e forestiero e con questo basta; Caro Amico ho vissuto 16 anni a Lucca e confesso aveva concepita una stima tale che con tutto quei pregiudizio con il quale il forestiero entro l’Italia dal mio canto erano immediatamente cancellate, e divento Lucchese e tale che mai e me ne vanto un Lucchese [h]a sostenuto la sua patria e la causa commune Lucchese quanto me, ho sentito tutti quei che si sono avvicinati il principe, tutti vi dico, ma benché si nominavano lucchesi, più o meno erano i primi a sputtare contro la propria patria, ed ho intenzione a tempo debito da provare quanto presentemente confermo – ebbi la grazia o disgrazia, con merito, o senza merito, questo  ed una questione di tempo giache 16 anni non hanno bastata da confermarlo, da salire, da intraprendere, da dare fastidio a chi? Questo lascio a Lei rispondere – e per chi mi sono mise (?) in questa posizione per chi domando? …….  per i Lucchesi il quale erasi divenuta la mia patria, atteso che la soggiorno, l’amore, l’amicizia ch’aveva acquistata, l’onore era ove il Dio benedice la luce dei miei figli e quel sole non mi deve essere caro? Era ove tante battaglie per i oppressati contro i superbi oppressori l’aveva guadagnata ecco la ragione perche la mia amore era per il paese, e tutto questo ho veduto distruggersi in un momento, in quel paese ove Io ero abituato da sentire tante cordialità in un momento ho veduto tutto svanito!
Come Caro Amico voi che tante volte ho sentito parlare del ommo giusto – chiamata quella giustizia d’attacare l’ommo assente, in qual nazione del universo s’avrebbe permesso l’ommo che ha vissuto come me per 16 anni in un paese e che per pochi giorni s’allontano, e precisamente in quel momento si va a difamarlo nel più vile maniera, questo almeno non e da omini come li vuole l’Amico Giambastiani sono sicuro. quello che mi duole di più e da vedere questa in(?)ta  vendetta, non ha bastata che io con mei lagrime ho ottenuto che S. Altezza (?) ritorno da Massa, deve essere accusato d’averlo persuaso d’essersi allontanato da nuova – mentre era in quel momento 700 miglia lontano, ma nessuno palesava la vera causa, come pure era incolpata d’una causa più grosso del altro che finalmente Caro Amico come ho sentito oggi mi ha portato sul Guillotine (ghigliottina) fin?’ sui suppongo con dire che sono stato l’inventore di quella macchina e forse tutti quei altri che aveva inventata i republica anticamente Ormai sono preparato a tutto perche peggio non mi posso arrivare, spero nel tempo che mi rendera giustizia tutto (?) – quando la fervescenza ha calmato, e che li ommini riflettano sono persuaso che vi saranno d’altri destinato l’onore che e stato conferito ad un Inglese nella sua assenza dietro le spalle Non credo amico che mi lagno No! capisca meglio di tante la causa e l’imaginatione e spero che avra una buona resultata ma per l’amore della nostra patria cercate a calmare onde tutto questo finisca per il vero bene – questi non sono sentimenti di vendetta sono quelli d’amore per i Lucchesi a cui Io di pieno cuore dimentica e  perdona qualunque maligna calunnia che sul conto mio e stata inventata, purche si calmano e profittano della loro posizione se tutti fosse animata con questo sentimento ch’era nuova!
Vo Affmo Amico
T.Ward
Ho caro Giambastiani questa mia lettera non e per creare un reazione come temeva miei amici, e per pregarvi d’usare tutta la vostra influenza onde il paese si quieta per il bene d’esso – questa e l’adieu  che do ai Lucchesi desiderandoli ogni bene sulla terra
Firenze a di 13 ottobre 1847
 [Annotato] :  Degno di risposta con condizioni  Fra:o Luigi Giambastiani

Lettera del 7 novembre 1847 





 Trascrizione incertissima 
Caro Amico
a questa ora avrebbe aspettata una risposta, da nuova mi dirigo alla vostra Amicizia  mi dice Bartolomeo che io vi manco parola nel 1839 Non si chiama mio caro mancare parola nel non esiguire una cosa che da se stesso non dipende Io sfido l’intiero popolazione di Lucca da dire che io gli ho mai mancata mia parola ove da me dipendeva la resultata, capisce che 15 anni di costanza non basta oggidi per formare l’opinione sopra un Amico, almeno mi parve così la mia posizione, sara ben detto (?)tazione, quello che duole piu di tutto mio Caro e che tutti mei amici temono che se io vengo a Lucca saro esposto ai dei inconvenienti, mi duole per i altri in questa occasione che debbono soffrire, i terzi che certamente non hanno colpa, tante sarebbero i cose da combinare e liquidare che veramente tocco al povero al bisognoso, ora credeva con la mia solita conosciuta premura per mei simili (e questo poi lo sento cio per quanto nessuno me lo leva della mia interna convinzione) (?)dunque se Io non posso eseguirlo, la mia coscienza ed egualmente tranquilla contro la forza ragione non basta. – persuaso che si trovera chi proteggera la Famiglia e li suoi diritti senza che si a fatto d’(?) Inglese, e che avranno piu premura da me percio vedete mia ca(?) tranquillizzata che e la mia coscienza mi e molto piu commodo da non venire a Lucca che da essere obbligato da venire, ed il danno non ridondo sopra di me, nonostante confesso che sarebbe stato contento di potere avere cons(?) questa gente, soddisfatto tutto, e contentata tutti per quanto da me dipende, ora domando al amico ben informato, all’amico giusto, ho da rinunziare si o no su l’idea da venire a Lucca, a abbandonare gli interessi di tante povere famiglie alla riguardo mio personale. Siccome fin qui tutte le notizie che ho potuto avere vengono dei gente che pe(?) nel aristocrazia, e siccome lo so che precisamente di quello ho da ringraziare posizione posso ben naturale diffidarmi della loro consiglio, percio mi dirigo all’amico del popolo, all’amico della patria, all’amico che ho sempre conosciuto leale e franco, pregandolo della grazia d’un sincero e franco risposta
Vo Affmo Amico
Firenze adi 7 9bre 1847 T.Ward

[indirizzo]: Revedmo Giambastiani
Lucca


Assieme alle lettere sono riportati due documenti.
Il primo è un piccolo manifesto “popolo lucchese”, violentemente critico verso il Duca e il suo ministro definito “uno straniero che doveva contentarsi se dal letame delle stalle di Albione passato al miserabile onore di spazzare la camera di un Duca gli era venuto fatto di accumulare una discreta fortuna”.

Il secondo è il Supplemento 2° al N 24 del Giornale il vapore del 2 settembre 1847, in cui si descrive il giubilo della popolazione e viene riportato il discorso esultante  dell’arcivescovo per il motuproprio ducale.

sabato 7 febbraio 2015

IL VOLTO SANTO di Lucca in due stampe.


IL VOLTO SANTO di Lucca in due stampe.

Il Volto Santo (detto anche “Sacra Croce”) è una celebre scultura rappresentante Cristo vivo sulla croce, vestito all’orientale, con il colobium.
L’opera è conservata presso la cattedrale di Lucca, all’interno di un sacello, detto appunto “del Volto Santo”. Venerato ed onorato attraverso i secoli, meta di pellegrinaggio da tutta Europa, diviene l’emblema ed il simbolo di Lucca, a seguito del singolare processo per cui la devozione tributata al Volto Santo ha fornito, per lungo tempo, la misura del rispetto per il governo civile.

 Il Volto Santo è stato ed è riprodotto in moltissime stampe. Di seguito sono riportati due esempi estremamente diversi nella loro fattura e rappresentazione.



- Vero ritratto del Volto Santo
Autore: ambito lucchese
Tecnica:  bulino [Il bulino è il più antico procedimento calcografico e prende il nome dallo strumento usato per incidere il metallo, formato da una sottile sbarra di acciaio temperato con una estremità tagliata trasversalmente ed affilata. L'origine risale alla prima metà del Quattrocento e deriva dalla tecnica usata sui metalli fin dal Medio Evo dagli orafi, che impiegavano il bulino per ottenere incavi nelle lamine, generalmente d'argento, poi colmati per rendere evidente il disegno, con una mistura nera chiamata nigellum (niello). Quando per un controllo del cesello si mise nei solchi al posto del niello una mistura simile di inchiostro denso e si vide che questi lasciavano la loro impronta sulla carta umida si ebbero le prime impressioni a bulino.]
Ambito cronologico: I decennio del XVIII secolo
L’opera è stata commissionata dal cardinale lucchese Filippo Spada (morto nel 1724), probabilmente intorno al 1703 e disegnata ed incisa da Giovan Antonio Lucchesi.


- Volto santo
Autore: Anonimo (ambito lucchese)
Tecnica: Xilografia [la xilografia è una tecnica di incisione a rilievo realizzata su un supporto di legno. Questa tecnica veniva utilizzata in Cina prima dell'anno 1000, mentre in Occidente inizia ad avere le sue prime applicazioni già verso la fine del tredicesimo secolo per decorare i tessuti. Conobbe,invece, grande fortuna fra il Quattrocento e il Cinquecento, per l'illustrazione di libri e per tavole a sé stanti]
Ambito cronologico: XIX secolo
L’opera raffigura il Volto Santo su uno sfondo completamente bianco, al fine di dare maggiore risalto al simbolo che rappresenta il simulacro stesso, piuttosto che alla narrazione della storia che lo caratterizza.
Si può ipotizzare che questa immagine fosse adoperata come stendardo durante le funzioni religiose.

venerdì 6 febbraio 2015

UOVO DIPINTO – seconda metà ‘800


UOVO DIPINTO – seconda metà ‘800
Immagini di un uovo di gallina, dipinto con due teste.