sabato 16 agosto 2014

Certificazione della progettazione della strada rotabile della Controneria - 24 Marzo 1939


certificazione della progettazione della strada rotabile
della Controneria - 24 Marzo 1939

Dichiarazione del Podestà del Comune di Bagni di Lucca relativa ai nominativi dei progettisti della strada rotabile, che unisce il capoluogo alle frazioni della Controneria. Il documento era stato richiesto dall’ing. Cesare Marchi, presumibilmente per inserirlo nel proprio curriculum professionale.  

DISCORSO DELLA MADONNA DEL SASSO - 3 Marzo 1839 - DAL FRATE ALIPIO GIAMBASTIANI


Discorso della Vergine detta del Sasso
il 3 Marzo 1839 nella Chiesa di S. Agostino di Lucca
da F. Alipio Giambastiani recitato.

La Madonna del Sasso è un’immagine venerata in Lucca nella chiesa di S. Agostino. Un´antichissima leggenda racconta di un soldato che in preda alla rabbia per aver perso nel gioco delle carte, bestemmiando, lanciò un sasso contro un´immagine della Madonna. La Vergine spostò il Bambino Gesù, che sorreggeva sul lato destro e immediatamente si aprì una voragine che inghiottì l´empio giocatore. I presenti al gesto scellerato videro dalla spalla della Madonna, colpita dal sasso, fuoriuscire gocce di sangue, che furono raccolte in un’ampolla.
Dal 1332 la chiesa fu affidata all’ordine dei Frati Agostiniani, che tennero viva la devozione del popolo lucchese verso la Madonna del Sasso.  
 
IMMAGINE DELLA MADONNA COL BAMBINO SUL BRACCIO SINISTRO E LA SPALLA FERITA
 IL SOLDATO SACRILEGO VIENE INGOIATO DA UNA VORAGINE
LA CHIUSURA ATTUALE DELLA VORAGINE CHE COMUNICA COLL' INFERNO

Nell’archivio della famiglia Giambastiani – Marchi è conservato la traccia del “Discorso della Vergine detta del Sasso: il 3 Marzo 1839 nella Chiesa di S. Agostino di Lucca da F. Alipio Giambastiani recitato –.

Padre Giambastiani inizia la predica in maniera enfatica rivolgendosi ai fedeli: “Al Tempio al Tempio figlioli diletti di Gesù Cristo! Il giorno è questo il fortunato benedetto giorno in che la madre dell’Eterno figlio, la figlia dell’Eterno Padre, la sposa del Divino Amore insegnò agli uomini se Ella sia onnipotente nel piglio,  ed in se stessa misericordiosa ….”

Quindi si chiede come può chiamare la Madonna: “Oh giorno! Ma come più specialmente chiamerò io Te Vergine una e sola? Grandi sono i nomi di madre, di vergine, di sposa; grandi sono i nomi di avvocata de peccatori, di consolatrice degli afflitti; grandi sono i nomi con che la sogliono chiamare gli altri popoli dell’universo….” ; e trova la risposta nel nome “che dagli avi nostri le fu dato di Madonna del Sasso.

Da oratore consumato il Padre agostiniano si schernisce circa le proprie capacità: “ascoltanti siatemi cortesi di vostra indulgenza che in faccia all’umiltà della voce, ultimo fra i figli di Agostino, nudo di argomenti, misero di pregi, privo di grazia…” e chiede l’aiuto celeste: “voi Angeli del Signore scendete da Cielo colle vostre arpe d’oro e intonate un inno alla vostra Regina; scendete voi o Serafini e librati sulle vostre ali in questo angusto tempio, ove alla Regina del Cielo piacque di essere tanto particolarmente onorata, infiammate i cuori di questi divoti, acciocché le mie umili e rozze parole li penetri, li scuota, li commuova a gloria della Vergine ed a salute delle anime di tutti.”

Prima di rievocare il fatto miracoloso è tracciato un quadro storico del periodo. “Correva l’anno della salutifera venuta di Gesù Cristo 750; epoca di barbarie, di vizi, e di dolore non per una sola città, né per un regno, ma per tutta l’Europa. Questa terra già un tempo famosa e riverita dal mondo conosciuto, per i peccati suoi era caduta di ogni grandezza; e di signora che ella era stata prima degli Imperatori, e poi di quanti barbari scesero a devastarla dalle più remote contrade del nord era divenuta municipia. …. Astolfo re de Longobardi cacciava gli esarchi e spento voleva in italia ogni segno del greco impero; ma il re dé franchi gli strappava la preda; e così di uno in altro conquistatore travagliata l’Italia non aveva schermo al suo dolore, più e più nel pelago di tutti i mali precipitava. …….”

Viene poi narrato il “misfatto”: “A quel tempo la nostra città era in più anguste mura ristretta. Ove ora veggiamo questo tempio al Divo mio Agostino dedicato, quivi le mura circonvallavano la città, e ove ora ha ingresso la Cappella era poco appresso una porta a guardia della quale era locata una mano di soldati che teneva radunanza colà ove venerata quella gran Regina.……. Ogni più turpe vizio signoreggiava quella soldataglia. La notte in lascivie e in giochi, il giorno in gioco ed ad altro mal fare. Avvenne che un dì biscazzando e perdendo un soldato al gioco ogni suo avere fu sul disperare; e infuocandosi propose, oh sceleraggine!, di giocarsi l’anima. Non inorridirono i compagni alla diabolica proposta ma tennero l’invito. Si giocò e l’empio perse e impetuosamente ,, raccapricciante ascoltator,, trasse ad una Vergine che era effigiata al muro di quel ridotto. Sarebbe il sasso andato diritto al Divino infante, ma la Madre lo sottrasse al colpo; e ne ebbe Essa il diritto braccio che mandò sangue. Ma quel sangue gridò vendetta alla giustizia dell’Eterno, e vendetta ottenne memoranda. La terra che sosteneva quell’empio in voragine si aperse e dopo l’ingoiò!.......”

Dopo la manifestazione del massimo sdegno per la viltà dell’atto: “Oh misfatto spietato! Quale esecrando delitto nella città nostra traboccando nell’amarezza tutti i cuori si consumava! Ecco ove l’empietà conduce, ecco gli effetti tristissimi dell’umana alterigia! Ma oh Dio quai terribili pensieri non mi si presentano alla mente! Un profondo cordoglio mi opprime!.....” il Predicatore illustra la benevolenza dimostrata dalla Madonna del Sasso verso la città: “Infinite sono le grazie che la Madonna del Sasso ha ai Lucchesi elargite. Appena che i padri nostri venerarono la loro protettrice e l’invocarono, in ogni dove vedevi la pietà, il perdono, la fraterna evangelica amorevolezza…… Fu la vergine del Sasso che concedevaci ora la pioggia, ora il sereno addimandati ………. procurando che forte dello scudo  della propria religione sicuro e tranquillo  l’instancabile agricoltore solcasse il suo campo, ed il solerte cittadino estendendo il commercio i lumi suoi consumasse. Innanzi ad Essa disparvero i micidiali morbi, e massime l’esterminatrice peste del 1631 disparve. L’allontanare insomma tutti i mali da questa nostra patria fu la principale sua cura.…..
Vengono inoltre ricordati i benefici che la Madonna ha elargito a due personaggi lucchesi: “Mercè questa Protettrice non pochi compresero quanto sia frale la nostra spoglia mortale, e quanto gli onori, i titoli, l’oro, la dignità il comando…… il Cav: Carlo Boccella concittadino ai suoi caro, che dopo illustrato cotanto il nome italiano con militare servizio per Malta a danno di Tripoli a difesa di Sicilia, e riempiuta l’Europa tutta dé prodigi suoi operati all’assedio di Ari[illeggibile], depone l’insegne i suoi trofei all’altare della sua Benefattrice, e venerata corre in umile poverissimo esemplare Evangelico istituto a finire i suoi giorni….... Mercé questa Vergine altro concittadino, degno veramente d’illustre titolo, il concepì il bene, ebbenchè adorno di prelatizie vesti, in mezzo ai comodi e alla quiete della vita; fornito di lumi, prudenza, santità per ascendere all’apice della dignità sua: tutto abbandona, a noi s’invola e incognito per 18 anni continui presta sollievo al travagliato fratello in ben numero [illeggibile] in lontano paese. E’ questi o Signore il Dotto Prelato, il caritatevole sacerdote, è Virginio Provenzali Lucchese nostro Decano amatissimo dell’Insigne Collegiata di S. Michele in foro di questa Città che finisce i suoi giorni veramente cristiani ed esemplari nell’ospedale della capitale della Spagna nel 1675….
Dopo il ricordo dei due illustri concittadini, gratificati dall’amore della Madonna, il Giambastiani si chiede: “ Ma se tanto è l’amore che ci porta, quanta gratitudine e quale amore non dobbiamo a Lei? L’amor nostro dunque le virtuose operazioni nostre formino un serto [corona] qual dovuto dono. Ma le operazioni nostre saranno veramente virtuose? Sono infatti in noi queste virtù? Vorrei illudermi, ma il rimprovero continuo che a vicenda ci facciamo ora di parola non tenuta o mentita, ora di svelato secreto, mi fa temere che le virtù nostre siano di si piccolissimo numero come oggetto che appena dai sensi distinguesi dileguarsi……..” e pessimisticamente prosegue: “Se l’interni difficilissimi nostri fosse dato in questa mano vederli quali sono e quali saranno quale spaventosa scena non si presenterebbe allo sguardo? Quanta viltà, quante adulazioni, quante ingiustizie oppressioni, inganni immoralità, e quanta irreligione, ipocrisia ed egoismo non si vedrebbe? ……” e ancora: “Quanta viltà, quante adulazioni, quante ingiustizie oppressioni, inganni immoralità, e quanta irreligione, ipocrisia ed egoismo non si vedrebbe?.... Sarebbe allora che comparirebbero gli effetti tristissimi dell’ozio, dell’ignoranza, del gioco, del lusso. Sarebbe allora che confuso e avvilito si guarderebbe il maligno, l’egoista, il depauperatore dei pupilli [minori] e della vedova, e l’oppressore disumano del povero, che con mentita studiata onestà illude la virtù e la giustizia. Allora finalmente quella peste fatale ipocrisia soffocata da interna bile cesserebbe di più oltraggiare la Divina provvidenza, e il facile mondo conoscerebbe una volta che l’ipocrisia apparentemente adorna l’Eterno ma in cuore, in cuore odia il suo prossimo, e la roba, e l’onore giammai restituisce……”. Ma vi è: “ la speranza, che come duce benigna [La Madonna del Sasso] ci conduca a nuova vita a virtù, implorando sempre la potente nostra encomiata, affinchè mercè sua ci degni rendere le azioni nostre veramente virtuose da meritare la Sua Protezione.”
A questo punto della predica l’officiante invita a una pausa di riposo e nel contempo invita gli astanti a fare l’elemosina “Devo raccomandarvi l’elemosina in onore della V[?].P[?].M. del Sasso. Persuaso della sensibilità dei cuori vostri e della verace devozione che a Lei professate, temerei offendervi il palarle di più. Fate dunque ciò che la gratitudine il dovere v’impone.” [Nota: il fare l’elemosina passa da atto di gratitudine a dovere!]
Il discorso termina ricordando che “Gran nome è per noi Madonna del Sasso! Oh caro e adorato nome! Tu ci rammenti i prodigi della Regina del Cielo; e ci dici Tu quai favori abbia Ella compartiti ai maggiori nostri e a noi…..” e viene auspicato che: “ci sia dato salutarti in Cielo.”


Trascrizione
Discorso della Vergine detta del Sasso: il 3 Marzo 1839 nella Chiesa di S. Agostino di lucca da F. Alipio Giambastiani recitato –
Al Tempio al Tempio figlioli diletti di Gesù Cristo! Il giorno è questo il fortunato benedetto giorno in che la madre dell’Eterno figlio, la figlia dell’Eterno Padre, la sposa del Divino Amore insegnò agli uomini se Ella sia onnipotente nel piglio,  ed in se stessa misericordiosa, e se l’amore a Lei e l’invocarla e il chiamarla ad avvocata sia cagione agli uomini di conforto nelle avversità e di speranza che non può perire.  Il giorno è questo in che solevano i padri nostri reverenti e pieni di zelo correre a questo tempio per impetrare dalla Vergine del cielo le grazie che abbisognavano e ringraziarla delle ricevute. Oh giorno! Ma come più specialmente chiamerò io Te Vergine una e sola? Grandi sono i nomi di madre, di vergine, di sposa; grandi sono i nomi di avvocata dè peccatori, di consolatrice degli afflitti; grandi sono i nomi con che la sogliono chiamare gli altri popoli dell’universo. Ma più grande si è a mio credere il nome, che dagli avi nostri le fu dato di Madonna del Sasso. Toccando di una tal denominazione l’origine, e quindi sotto tal nome le grazie compartite e narranti, verrà alla Vergine una delle sue più belle glorie, verrà all’empio un salutare spavento perché si converta e viva.
Noi intanto umanissimi ascoltanti siatemi cortesi di vostra indulgenza che in faccia all’umiltà della voce, ultimo fra i figli di Agostino, nudo di argomenti, misero di pregi, privo di grazia, ma retto di cuore l’assunto [illeggibile]; e voi Angeli del Signore scendete da Cielo colle vostre arpe d’oro e intonate un inno alla vostra Regina; scendete voi o Serafini e librati sulle vostre ali in questo angusto tempio, ove alla Regina del Cielo piacque di essere tanto particolarmente onorata, infiammate i cuori di questi divoti, acciocchè le mie umili e rozze parole li penetri, li scuota, li commuova a gloria della Vergine ed a salute delle anime di tutti.   
Incominciamo
Correva l’anno della salutifera venuta di Gesù Cristo 750; epoca di barbarie, di vizi, e di dolore non per una sola città, né per un regno, ma per tutta l’Europa. Questa terra già un tempo famosa e riverita dal mondo conosciuto, per i peccati suoi era caduta di ogni grandezza; e di signora che ella era stata prima degli Imperatori, e poi di quanti barbari scesero a devastarla dalle più remote contrade del nord era divenuta municipia. Era Astolfo re dé Longobardi cacciava gli esarchi e spento voleva in italia ogni segno del greco impero; ma il re dé franchi gli strappava la preda; e così di uno in altro conquistatore travagliata l’Italia no aveva schermo al suo dolore, più e più nel pelago di tutti i mali precipitava. Ingnoranza di tutte cose divine e umane: niuna autorità bene distinta o riconosciuta, non buona, non pessima, ma ferma: tutto confondesti, nascere muorire. Da questa guerra di distruzione, da questa guerra di distruzione, da questa ignoranza di diritti e di doveri ne nasceva l’irreligione, e ogni maniera di vizi. Chi più rispettava le cose sacre e profane? Bene il seppero i maggiori nostri ai quali toccò il più orrendo dei misfatti, e la più terribile delle punizioni del Cielo. A quel tempo la nostra città era in più anguste mura ristretta. Ove ora veggiamo questo tempio al Divo mio Agostino dedicato, quivi le mura circonvallavano la città, e ove ora ha ingresso la Cappella era poco appresso una porta a guardia della quale era locata una mano di soldati che teneva radunanza colà ove venerata quella gran Regina. Da questi non conoscenza di doveri sia civili che religiosi, non disciplina militare che tutto era caduto in peggio per la caduta del Romano Impero, per le irruzioni e devastamenti dè barbari, per le persecuzioni e guerre religiose. Laonde ogni più turpe vizio signoreggiava quella soldataglia. La notte in lascivie e in giochi, il giorno in gioco ed ad altro mal fare. Avvenne che un dì biscazzando e perdendo un soldato al gioco ogni suo avere fu sul disperare; e infuocandosi propose / oh sceleraggine! Di giocarsi l’anima. Non inorridirono i compagni alla diabolica proposta ma tennero l’invito. Si giocò e l’empio perse e impetuosamente “ raccapricciante ascoltatori” trasse ad una Vergine che era effigiata al muro di quel ridotto. Sarebbe il sasso andato diritto al Divino infante, ma la Madre lo sottrasse al colpo; e ne ebbe Essa il diritto braccio che mandò sangue. Ma quel sangue gridò vendetta alla giustizia dell’Eterno, e vendetta ottenne memoranda. La terra che sosteneva quell’empio in voragine si aperse e dopo l’ingoiò! Imparate o ascoltatori quanto importi dispregiare la Maestà dell’Eterno: imparate quanto possa innanzi a Dio la Madre di Dio. Oh misfatto spietato! Quale esecrando delitto nella città nostra traboccando nell’amarezza tutti i cuori si consumava! Ecco ove l’empietà conduce, ecco gli effetti tristissimi dell’umana alterigia! Ma oh Dio quai terribili pensieri non mi si presentano alla mente! Un profondo cordoglio mi opprime! E voi già parmi esclamiate ignorava l’empio che era pia? Si l’ignorò, e soffrendo la pena del suo misfatto disparve dalla faccia della terra immergendosi nella terribile voragine per continuamente maledire la Divina bontà. [illeggibile] A te o superbo ozioso e di dovizii ricolmo, a te rivolgo la mia voce in questa mano alto gridando che raro e mai la virtù fu in te, ne il merito mai, ma opto tutto per te il caso, la [illeggibile] , e le dovizie tue ti procacciarono quel simulato rispetto per cui consideri i fratelli [ illeggibile] vittime delle tue stravaganti passioni opprimendoli di frasi  insopportabili a danno di loro coscienza; ti rammento che il giorno di sventura durerà ancor per te, ed allora ….. ; ma ove trascorsi? Che dissi io mai? Non è dessa la Pia l’onnippossente, la misericordiosa? Ah si è Maria del Sasso il Rifugio dè Peccatori, la nostra Avvocata, la dispensatrice delle grazie tutte.
Infinite sono le grazie che la Madonna del Sasso ha ai Lucchesi elargite. Appena che i padri nostri venerarono la loro protettrice e l’invocarono, in ogni dove vedevi la pietà, il perdono, la fraterna evangelica amorevolezza. Da quivi Italia tutta scossa dal terribile spavento amò virtù. Fu la vergine del Sasso che concedevaci ora la pioggia, ora il sereno addimandati e per favore della nostra Avvocata lungi stavanzi  e le civili discordie , l’ignoranza, l’ozio e l’inreligione; e procurando che forte dello scudo  della propria religione sicuro e tranquillo  l’instancabile agricoltore solcasse il suo campo, ed il solerte cittadino estendendo il commercio i lumi suoi consumasse. Innanzi ad Essa disparvero i micidiali morbi, e massime l’esterminatrice peste del 1631 disparve. L’allontanare insomma tutti i mali da questa nostra patria fu la principale sua cura.
Non mi crediate però o fratelli che i benefici della Regina del Cielo col nome di Maria del Sasso compuntiti  limitati fossero a soli temporali bisogni, ma si estesero a più sublime soggetti. Mercè questa Protettrice non pochi compresero quanto sia frale la nostra spoglia mortale, e quanto gli onori, i titoli, l’oro, la dignità il comando [illeggibile] influischino per perderla in un coll’anima. Mercè quest’avvocata l’intese il Cav: Carlo Boccella concittadino ai suoi caro, che dopo illustrato cotanto il nome italiano con militare servizio per Malta a danno di Tripoli a difesa di Sicilia, e riempiuta l’Europa tutta dé prodigi suoi operati all’assedio di Ari[illeggibile], depone l’insegne i suoi trofei all’altare della sua Benefattrice, e venerata crre in umile poverissimo esemplare Evangelico istituto a finire i suoi giorni. Mercé questa Vergine altro concittadino, degno veramente d’illustre titolo, il concepì il bene, ebbenchè adorno di prelatizie vesti, in mezzo ai comodi e alla quiete della vita; fornito di lumi, prudenza, santità per ascendere all’apice della dignità sua: tutto abbandona, a noi s’invola e incognito per 18 anni continui presta sollievo al travagliato fratello in ben numero [illeggibile] in lontano paese. E’ questi o Signore il Dotto Prelato, il caritatevole sacerdote, è Virginio Provenzali Lucchese nostro Decano amatissimo dell’Insigne Collegiata di S. Michele in foro di questa Città che finisce i suoi giorni veramente cristiani ed esemplari nell’ospedale della capitale della Spagna nel 1675: onorando il pianto universale la sua tomba. Ricevine o Venerabile Porporato in questa mane [mattina] dalla mia debole voce in un [illeggibile] laudi della tua ispiratrice dovuta ricordanza, mentre noi l’ascriviamo fra i primi de suoi doni. Ma chi non riceve conforto, lumi, favori. [illeggibile]] Chi non di fede chiamata avvocata, o invocata protettrice non consolò? Niuno, e tutti dobbiamo bene conoscere quanto possa, e con quanto amore ami noi figli dell’uomo. Ma se tanto è l’amore che ci porta, quanta gratitudine e quale amore non dobbiamo a Lei? L’amor nostro dunque le virtuose operazioni nostre formino un serto [corona] qual dovuto dono. Ma le operazioni nostre saranno veramente virtuose? Sono infatti in noi queste virtù? Vorrei illudermi, ma il rimprovero continuo che a vicenda ci facciamo ora di parola non tenuta o mentita, ora di svelato secreto, mi fa temere che le virtù nostre siano di si piccolissimo numero come oggetto che appena dai sensi distinguesi dileguarsi. Premesso tali principi che può sperarsi da popolo finto infedele sacrilego? Azioni cittadine, religiose, atti infine da tributanti alla misericordiosa nostra benefattrice? No certamente. Se l’interni difficilissimi nostri fosse dato in questa mano vederli quali sono e quali saranno quale spaventosa scena non si presenterebbe allo sguardo? Quanta viltà, quante adulazioni, quante ingiustizie oppressioni, inganni immoralità, e quanta irreligione, ipocrisia ed egoismo non si vedrebbe? Allora sarebbe noto come ciascuno adempia il proprio dovere e di quale amore si ami religione e perché allora capirebbesi chiaramente se la preghiera, la [illeggibile] all’inferno, i soccorsi elargiti al misero fratello siano il resultato della cristiana carità, o del privato interesse, o fini politici. Allora intenderebbesi se stima, gratitudine, rispetto ci procurano quelle ricercate visite; o tutto quanto ne ottiene la curiosità, l’egoismo, per quindi ruvinare i fratelli e sulle ruvine loro ergervi la nostra fortuna. Sarebbe allora che comparirebbero gli effetti tristissimi dell’ozio, dell’ignoranza, del gioco, del lusso. Sarebbe allora che confuso e avvilito si guarderebbe il maligno, l’egoista, il depauperatore dei pupilli [minori] e della vedova, e l’oppressore disumano del povero, che con mentita studiata onestà illude la virtù e la giustizia. Allora finalmente quella peste fatale ipocrisia soffocata da interna bile cesserebbe di più oltraggiare la Divina provvidenza, e il facile mondo conoscerebbe una volta che l’ipocrisia apparentemente adorna l’Eterno ma in cuore, in cuore odia il suo prossimo, e la roba, e l’onore giammai restituisce. E le virtù Signore. [illeggibile] E la fraterna evangelica carità o fratelli? Se tale orrenda scena si contemplasse ripeto noi non potremmo che piangere; ed io …. io non vi scorgerei che l’estremo conforto nostro la speranza, che come duce benigna ci conduca a nuova vita a virtù, implorando sempre la potente nostra encomiata, affinchè mercè sua ci degni rendere le azioni nostre veramente virtuose da meritare la Sua Protezione.
Riposiamoci
Per l’Elemosina
Devo raccomandarvi l’elemosina in onore della V[?].P[?].M. del Sasso. Persuaso della sensibilità dei cuori vostri e della verace devozione che a Lei professate, temerei offendervi il parlarle di più.
Fate dunque ciò che la gratitudine il dovere v’impone.
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Ignorando l’empio che era pia, e disprezzando l’amore a Lei e l’invocarla, e il chiamarla ad Avvocata non solo il dovette a suo mal pro riconoscerla omnipotente nel figlio: ma dannato a irreparabile durissima pena far i sempiterni orrori, ove ne redenzione mai, ne ordine alcuno giammai vi regna; doveva servire agli empi fratelli suoi di salutare spavento  chiamandoli sempre a converzione a vita. La memoria di così salutevole esempio e il farne noi continua ricordanza sarà per noi la più utile, la più efficace scuola per correre l’ardua via della virtù; e il celebrare noi con devota religiosa poppa  la festa ad onoranza della Regina del Cielo chiamandola col suo più nome Madonna del Sasso, l’avremo avvocata potentissima appresso l’Eterno Padre, l’amoroso figlio, e l’amoroso Spirito. Gran nome è per noi Madonna del Sasso! Oh caro e adorato nome! Tu ci rammenti i prodigi della Regina del Cielo; e ci dici Tu quai favori abbia Ella compartiti ai maggiori nostri e a noi. Onorando frattanto chi forma l’orgoglio delle nostre affezioni, frequentiamo la Sua Cappella e atti di cristiana virtù esercitiamo ora in sollevare il debole,ora in difendere l’oppresso e in consolare il pusillanime; e sopportando sempre con cristiano eroismo le tribolazioni tutte per ogni dove risuonerà pane, concordia, e e fraterna evangelizzazione.
Oh tu Vergine Regina prima difesa di noi, e della Patria nostra Madonna del Sasso che tanto a nostro [illeggibile] adoprasti, deh volgi benigna verso di noi uno sguardo: accetta queste filiali dimostrazioni effetti di unanime voto in contestazione di quanto a Te dobbiamo: Tu che arbitra appo i figli fa che lungi sia da noi la disperazione, la perfidia e ci libera sempre da morte eterna.
Tu finalmente che gli uomini, gli umori, i bisogni conosci a tutto provvedi e ovunque difendi virtù: sempre ci mira e trionfando pietosa ci conduci a salvezza e terminatii perigli, i palpiti, le pene su questa terra nido di pianto ci sia dato salutarti in Cielo.
Diceva

lunedì 11 agosto 2014

LE DUE FONTANE PUBBLICHE IN PIEVE DI CONTRONE (Bagni di Lucca)


le due fontane pubbliche in Pieve di Controne
(Bagni di Lucca)

Nel 1950-51 la Pieve di Controne fu servita da un acquedotto che, attingendo dalle polle in loc. “Castro”, portava l’acqua in “Piazza” e in “Piazzetta di Castello”. Le due fontane pubbliche, ancora oggi in funzione, sono costituite da un cilindro in ghisa a “fusto di cannone” [modello APULIA], e certamente non forniscono un particolare decoro delle piazze in cui sono poste.
L’arrivo dell’acqua nel Paese fu al tempo un evento accolto con soddisfazione dalla popolazione che, fino ad allora, attingeva l’acqua non potabile da cisterne private e l’acqua potabile dal fontanile fuori paese detto “La Fontana” e dalla polla di “Reuli”, situata al margine dell’abitato e di portata idrica assai limitata.
La foto (sfuocata), scattata nel 1952, ritrae alcuni componenti della famiglia Giuliani nella piazzetta di Castello attorno alla fontana, assurta ad apprezzato “arredo urbano”.
da sinistra a destra: Luigi (senior) Giuliani, Luigi (junior) Giuliani, Dina Marchi nei Giuliani ed Attilio Giuliani 


sabato 2 agosto 2014

LE DUE TOMBE DI PIETRO PELLEGRINI - cimitero di Borgo a Mozzano (LU)


LE DUE TOMBE DI PIETRO PELLEGRINI
- cimitero di borgo a mozzano (lu) -

In ossequio alle idee mazziniane-democratiche professate per tutta la vita e sotto l’influenza dell’anticlericalismo ottocentesco, l’avv. Pietro Pellegrini fu sepolto nell’area acattolica del cimitero di Borgo a Mozzano. La fotografia sotto riportata mostra la tomba formata da due pietre sovrapposte appena sbozzate, ornata da un solo medaglione raffigurante il profilo dello scomparso circondato dal nome. Attorno a questa “prima” tomba la fotografia mostra da sinistra a destra i due figli, dott. Giacomo ed avv. Enrico, oltre al suocero, al figlio e alla moglie del primo.



 Oggi le spoglie dell’avv. Pietro Pellegrini riposano nell’area cimiteriale cattolica in una tomba che della vecchia sepoltura conserva il solo medaglione. La lastra di copertura, oltre all’effige del defunto, riporta la data di nascita e di morte, ma nessun segno religioso.